Congresso USARCI 2016
Relazione del Presidente Mirizzi
Cari Amici e graditi Ospiti,
Vi do il benvenuto e ringrazio tutti per essere presenti all’apertura del nostro XXIV Congresso Nazionale.
Prima di incominciare voglio ringraziare sentitamente l’Associazione Usarci di Ferrara, il suo Presidente Andrea Cavalieri Foschini ed il Consiglio Direttivo ferrarese per il contributo dato alla nostra Federazione nell’organizzare in questa magnifica città la nostra Assise nazionale.
Sono ormai trascorsi molti anni da quando per la prima volta abbiamo parlato di crisi, sono stati anni duri, anni durante i quali molte imprese, molti colleghi, molti nostri clienti sono rimasti sul campo stroncati da un vertiginoso crollo dei consumi interni, da una restrizione bancaria senza precedenti e dalla mancanza di prospettive future di crescita.
In questi anni hanno avuto la peggio quelle imprese che proprio noi rappresentiamo, quelle micro realtà a prevalente conduzione familiare per le quali non esistono ammortizzatori sociali, che non hanno voce e che non destano attenzione nei salotti buoni o nelle trasmissioni televisive.
Parlo di realtà economiche che più di altre costituiscono il vero tessuto sociale del Paese che sono start-up a lunga durata, dalle quali però sono nate le più grandi realtà dell’imprenditoria italiana.
Imprese nate nei garage, nei sottoscala, nelle botteghe delle periferie, create da donne e uomini pieni di passione e di idee che per migliorare lo status familiare hanno sacrificato sabati e domeniche lavorando senza tregua.
Parlo di realtà imprenditoriali composte da mariti e mogli che, con il loro duro lavoro , hanno permesso ai figli di studiare per dar loro un futuro diverso.
Micro imprese che ,a volte, grazie all’intuito ed alla lungimiranza di chi le aveva fondate riuscite a crescere ed a diventare solide realtà.
Ma anche di imprese familiari che hanno permesso il sostentamento di una famiglia e che ,finite nella morsa della crisi alla quale non sono riuscite a resistere perché prive di qualsiasi aiuto e di qualsiasi cassa di risonanza, hanno chiuso i battenti lasciando senza lavoro e senza reddito migliaia di italiani, che hanno ingrossato a dismisura la schiera dei poveri.
La nostra Categoria, quella degli Agenti di commercio, ha lasciato sul terreno diverse decine di migliaia di colleghi, di loro aziende rappresentate e di clienti; a chiudere bottega sono stati in molti, troppi, ma a fare notizia purtroppo sono stati solamente quelli che non trovando soluzione ad un lavoro perso, ad un mutuo che non si riusciva più a pagare ed alla vergogna di chi si sente fallito, hanno supposto di poter rimediare togliendosi la vita .
Questo è il risultato di una crisi che è stata affrontata, da chi ci ha governato, senza alcuna sensibilità nei confronti degli imprenditori come noi, imprenditori che nella maggior parte dei casi coincidono con le stesse persone che gestiscono l’impresa.
E così questa terribile crisi, provocata dalla turbo-finanza, ha spazzato via centinaia di migliaia di partite iva, gettando nella povertà intere famiglie, marchiate indelebilmente dall’onta di chi non è riuscito a pagare il conto che però non era il loro.
Negli ultimi otto anni ben centomila colleghi hanno smesso l’attività , quasi un’intera multinazionale, un esercito di forza vendita che non c’è più e che giustifica il tracollo del PIL di questi anni, perché attraverso gli Agenti di commercio passa la stragrande maggioranza degli scambi di merci e servizi.
La crisi che ancora stiamo vivendo ha dimostrato con assoluta chiarezza qual è il livello di distacco tra la politica e l’imprenditoria , qual è la nostra irrilevanza.
Se così non fosse qualcuno in questi anni si sarebbe almeno posto il problema di come arrestare la moria delle micro imprese, di come salvaguardarle, perché rappresentano il lavoro di chi con le proprie mani e con il proprio operato sostiene le famiglie ed i collaboratori.
Noi aspettiamo con ansia e da tempo una nuova politica che sappia essere orgogliosa anche di noi che rappresentiamo una parte del Paese troppo spesso silenziosa ma essenziale.
Ci aspettiamo responsabilità anche nei nostri confronti da chi governa e dalle Istituzioni per poter continuare ad essere quei giocatori d’attacco del terziario indispensabili per lo sviluppo delle Aziende e del Paese.
Amici, non sono qui per celebrare il “de profundis” della Categoria perché, seppur timidamente, i dati dell’ultimo semestre 2015 e dei primi mesi del 2016 fanno segnare una timida ripresa che a voler vedere il bicchiere mezzo pieno ci fanno sperare in qualcosa di buono dietro l’angolo.
Chi fa il nostro lavoro sa bene che noi siamo giocatori d’attacco, che non ci fanno paura le sfide e che non ci sentiamo secondi a nessuno.
A noi “per mestiere” non può far paura il cambiamento, non ci manca il coraggio e nemmeno l’operosità, non abbiamo rendite di posizione e la concorrenza ed il mercato sono il nostro habitat.
Queste sono doti però che da sole non bastano perché le soluzioni che cerchiamo non si possono trovare seguendo la moda del “fai da te”, la storia ci ha insegnato che così facendo non si arriva da nessuna parte.
Sto parlando di rappresentanza del nostro sistema, una rappresentanza che fonda le proprie radici in una storia lontana, fatta di uomini lungimiranti che con spirito di gratuità fondarono l’Usarci per dar corpo al bisogno di dare una voce collettiva alla Categoria per costruire insieme, contrapponendosi alla cultura dell’individualismo.
Parlo di rappresentanza vera, non di semplice autorappresentazione.
Troppo spesso ultimamente stiamo assistendo alla comparsa di soggetti senza storia che pretendono di rappresentare la nostra Categoria, che ci dividono, che intorpidiscono le acque, che noi sappiamo bene essere portatori esclusivamente di interessi ed ambizioni personali per non dire di peggio.
Queste divisioni non fanno solamente male all’Usarci, Amici, fanno male a tutta la Categoria, quello dei sindacati personali è un male che abbiamo mutuato dalla peggior politica, dai volta gabbana, da quei soggetti che per restare a galla sono disposti a mettersi qualsiasi casacca, anche quella di chi avevano denigrato fino al giorno prima.
In questo momento di grandi cambiamenti siamo noi che stiamo costruendo il futuro dei nostri giovani ai quali dobbiamo raccontare che noi siamo stati, siamo e saremo protagonisti e non comparse della storia della nostra Categoria.
L’Usarci è una parte fondamentale della storia già scritta e lo sarà anche di quella ancora da scrivere.
Dobbiamo avere il coraggio e la voglia di contrapporci alle logiche di chi ha sempre voluto dividerci, di chi ha fatto del “tanto peggio, tanto meglio” il proprio motivo di fare associazionismo, di chi ha sempre e solo buttato benzina sul fuoco anziché acqua.
Molti nostri colleghi fanno fatica a trovare la strada per ripartire, vivono angosce e problemi che fanno perdere il sonno e noi non ci possiamo permettere di perdere il nostro tempo in discussioni lontane dai concreti problemi di chi ogni giorno batte la strada in cerca di clienti.
I nemici storici della nostra Categoria sono sempre stati gli assurdi livelli di imposte, l’indeducibilità totale dell’auto, le aziende poco serie che usano le clausole vessatorie per mortificare il nostro lavoro e la nostra professionalità, i budget fuori dalla realtà impostici dalle mandanti meno avvedute, la burocrazia che ci complica anche le cose più semplici.
Ed ancora, un sistema associativo opaco, litigioso, diviso ed incapace di proporre soluzioni ai problemi che assillano i nostri Associati.
Cari Amici, stiamo vivendo non tanto un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca ed in questa nuova epoca non c’è più posto per litanie vecchie e stantie e contrapposizioni sterili per stabilire regole allo scopo di surrogare il buon senso.
Le recenti elezioni Enasarco, le prime nella storia della Categoria, devono essere un insegnamento per noi tutti e devono obbligarci ad alzare il nostro sguardo più lontano, oltre il nostro naso.
La nostra Coalizione ha ottenuto una netta vittoria, il 53% dei suffragi, ma questo risultato non può e non deve affatto farci cantare vittoria, perché è stato ottenuto con il voto di un misero 12% circa di votanti, con l’88% della Categoria che ha disertato le urne pur avendo quasi 15 giorni di tempo per votare.
Un terzo dei voti è andato ad una coalizione che si è presentata alla Categoria con uno slogan che da solo era un programma: Adesso Basta! E se non lo si fosse capito, “quell’adesso basta” era indirizzato tutto ad un sistema associativo del quale anche l’Usarci è parte fondamentale.
Quelli di “Adesso Basta” hanno saputo intercettare un largo dissenso convogliandolo verso un voto a loro favore, hanno saputo dar voce ad una protesta che non è rappresentata solo nella nostra Categoria ma anche in tutto il Paese, sono stati bravi, inutile negarlo!
Personalmente sono sempre stato un assertore dell’unità sindacale perché da sempre credo che sia possibile raggiungere quei traguardi a cui la Categoria ambisce solo attraverso l’unione delle forze in campo.
Ma l’unità “non” ad ogni costo e con chiunque, sia ben chiaro!
Dopo questo primo suffragio elettorale l’elenco delle Consorelle con le quali poter pensare di unire le forze per il bene comune è perlomeno da rivedere.
Il basso afflusso al voto, l’enorme astensionismo e il risultato ottenuto dalla lista di protesta, sono il frutto di troppe divisioni, di troppi protagonismi personali, di troppe sigle sindacali ammassate nel perimetro ristretto della nostra Categoria, di troppi tradimenti.
In fondo il nostro associazionismo è ammalato dello stesso male che contestiamo alla politica: frammentazione; cambi di casacca continui; sindacati personali; incapacità di fare sistema; voltafaccia giustificati da falsi “ideali”; continua ricerca di regole nuove sempre più complicate per surrogare il buon senso.
Ecco perché la gente non ci capisce, ecco perché solo il 12% dei nostri Colleghi hanno votato, ecco il perché del successo di chi ha saputo cavalcare la protesta di una Categoria sfinita ed ai minimi termini.
Credo che questo sia il momento storico più basso del sindacalismo degli Agenti di commercio.
Credo che tutta questa confusione, questo accalcarsi di sigle sindacali intorno a noi abbia un unico obbiettivo: gestire i circa sette miliardi di euro dell’Enasarco!
Amici, l’Usarci ha il dovere ed il diritto di tutelare e proteggere la Categoria e con essa anche la sua previdenza perché questo deriva dalla nostra quasi settantennale storia e questo dobbiamo farlo!
L’Usarci è ormai da troppo tempo “sospesa”, dobbiamo cambiare corsia di marcia e passare da quella normale a quella di sorpasso, dobbiamo tornare ad investire su noi stessi e sulla Categoria che rappresentiamo cercando nuove alleanze e nuovi schemi di organizzazione.
Dobbiamo togliere dal cassetto quella capacità che abbiamo sempre avuto e che ci è sempre stata riconosciuta, di capire i bisogni e di saper pensare strategicamente a grandi progetti per realizzare insieme il futuro nostro e della nostra Categoria.
L’Usarci è sempre stata un’Organizzazione credibile con un grande seguito, fiera della propria indipendenza, della propria vera rappresentatività e della propria dialettica interna; questa è stata, è e sarà, la chiave del nostro successo.
Per chi non condivide questi ideali l’Usarci non è l’Organizzazione giusta! E con costoro noi non potremo mai fare della strada insieme.
Durante il difficile tragitto delle elezioni Enasarco abbiamo fatto squadra con un’Associazione che conoscevamo poco, l’ANASF, l’Organizzazione dei Consulenti finanziari, che si è dimostrata svelta, capace e composta da persone per bene.
Loro sono stati davvero una bella scoperta e mi auguro che il Presidente dell’ ANASF , Bufi , voglia nel prossimo futuro stabilire con noi un dialogo che vada oltre l’intesa elettorale.
Il nostro sindacalismo ha bisogno di un “colpo d’ala”, di una nuova spinta che ci permetta di riportare l’Agente di commercio al centro, perché solamente così potremo rompere la spirale di diffidenza che sta separando anche l’associazionismo “buono” dalla Società.
Ho speso molte delle mie energie per ricercare con le nostre consorelle una sintesi che potesse portarci ad individuare percorsi comuni, unità d’azione, univocità di confronto con i problemi della nostra Categoria, con la politica e le istituzioni.
Come ho già detto, credo fermamente nell’unità quale unico strumento per affrontare le sfide del futuro, per costruire quel patrimonio di risultati che nel passato sono stati la nostra previdenza, il Firr, le indennità di fine rapporto, l’abolizione dello “star del credere”.
Credo che sia davvero arrivato il momento di guardare il nostro sindacalismo con occhi nuovi, rompendo una visione stantia e perdente di chi vuole ancora credere nelle rendite di posizione.
Da oggi in poi ci misureremo con le elezioni, sarà la Categoria a darci il voto, a dire chi merita un bel voto e chi no, a premiare chi ha davvero fatto da chi si ostina a dire e a non fare.
Molti colleghi che si sono misurati con questa terribile crisi hanno saputo resistere cambiandosi d’abito in corsa, facendo tesoro dei propri errori del passato ,focalizzandosi e specializzandosi nel proprio business.
Questi nostri colleghi, oggi che si inizia ad intravedere qualche spiraglio di crescita nei consumi, hanno bisogno di nuovi servizi e di assistenza; non basta più firmare ogni tanto un Accordo Economico Collettivo per meritarsi la loro fiducia.
Dobbiamo anche noi saper dimostrare quella grande capacità di adattamento che hanno saputo dimostrare tutti quegli Agenti di commercio, nostri colleghi, che facendo un miracolo ogni giorno sono riusciti a restare sul mercato facendo sistema con le aziende che rappresentano ed i clienti che servono.
Per la nostra Categoria dobbiamo costruire un sistema Associativo sartoriale, fatto su misura, adatto alla gara che si deve correre, fatto di credito, di sostegno agli investimenti, di formazione,di apertura ai mercati esteri.
Sta a noi, e all’Usarci per prima, combattere delle leggi ed una giurisprudenza che sembra studiata scientificamente per rendere dura la vita di un imprenditore.
Sta a noi, e all’Usarci per prima, combattere la mentalità di certi imprenditori e certi professionisti che vedono in noi non dei collaboratori con i quali crescere e realizzare valore, ma dei nemici.
Sta a noi, e all’Usarci per prima, combattere quella insopportabile disparità tra imprenditori, che non permette ad un agente di commercio di detrarre dal proprio reddito il costo dell’unico bene strumentale indispensabile per produrre il proprio profitto e cioè l’autovettura.
Potrei andare avanti ancora, ma la summa di tutti i mali è per me quella cultura che vuole schiacciarci nella mediocrità, ed io quella mentalità la combatto fin dal giorno in cui ho iniziato a fare l’agente di commercio.
Quello di cui parlo sono grandi sfide, grandi temi che solo imparando ad essere uniti potremo affrontare con determinazione e risolvere.
Si sta diffondendo sempre più l’idea, in mala fede, che vorrebbe l’epoca dell’associazionismo e dei corpi intermedi al tramonto.
Io sarei più cauto, nella storia del nostro Paese “l’ognuno per se” ha sempre perso.
In crisi non sono i valori dell’associazionismo in quanto tali, in difficoltà sono le forme con cui si esprime ed i contenuti che produce.
Che la nostra società sia attraversata da malesseri e criticità è evidente. Che i corpi intermedi non siano immuni da queste difficoltà è altrettanto evidente. Che molta classe dirigente sia incapace di trovare soluzioni ai nuovi bisogni è fuori dubbio.
Ma la domanda a essere rappresentati e tutelati in una identità collettiva è tutt’altro che estinta. Anzi, a voler essere pratici, molta disaffezione proveniente dalla nostra base è proprio dovuta al cattivo giudizio sulla reale capacità di saper rappresentare alle istituzioni la complessità dei fenomeni che si stanno realizzando.
Ecco perché noi e le nostre Associazioni dobbiamo cambiare profondamente per trovare una nuova capacità di rappresentare.
Guai a chi crede che il libero associazionismo sia morto o peggio vada imbavagliato, perché proprio l’associazionismo rappresenta il cuore della democrazia.
Esso è il luogo naturale dove discutere, ascoltare, partecipare, battersi anche con durezza per le proprie idee per poi decidere insieme.
Non esiste libertà, non esiste sviluppo, non esiste pluralità partecipativa senza un sano sistema di rappresentatività associazionistico.
Abbiamo storicamente dimostrato di saper noi stessi regolare i nostri rapporti con le controparti, trattando anche duramente i rinnovi degli Accordi Economici Collettivi.
Presto dovremo riaprire il tavolo delle trattative per il rinnovo dell’Accordo Economico con il Commercio ormai scaduto da tempo.
Quello sarà sicuramente un banco di prova nel quale testare davvero la nostra capacità di saper innovare, di realizzare nuove regole che possano rafforzare il nostro welfare, la formazione, l’incentivo all’accesso ai giovani, la stabilità del nostro sistema previdenziale.
La funzione dell’Accordo Economico credo debba anche essere quello di accompagnare in maniera intelligente e funzionale le esigenze delle imprese che rappresentiamo, la realizzazione di reti di agenzia, capaci di fornire quei servizi e di svolgere quei compiti che un mercato sempre più globalizzato e competitivo richiede.
Sinceramente non credo più alle battaglie in trincea per strappare qualche punto in più di indennità; credo invece a nuove regole che concorrano ad un concreto rinnovamento delle relazioni tra agente ed impresa. Credo ad una nuova filosofia contrattuale che delinei l’agente di commercio quale primo partner di un’impresa e non più quale controparte.
In questi miei anni da Presidente dell’Usarci ho cercato con passione, impegno e condivisione di affrontare i momenti difficili, duri e davvero particolari, che mai prima la nostra Organizzazione si era trovata a far fronte.
Siamo l’unica e sola Organizzazione di soli Agenti di commercio, siamo l’unica e sola Associazione autonoma ed indipendente, siamo i soli a poter dire di essere davvero liberi da schemi e da vincoli che non siano quelli della tutela dei nostri colleghi.
Ecco perché siamo scomodi.
Questo è il motivo per cui siamo stati oggetto dell’attacco più violento ed infimo, credo, dell’intera storia del sindacalismo del nostro Paese ordito dalla Uil-Tucs di Bruno Boco con il doppio obbiettivo di farci chiudere i battenti e di riprendersi la presidenza Enasarco.
Nulla però di questo torbido intento è riuscito.
Ma nonostante questa brutta storia, siamo qui, vitali e pronti ad affrontare il futuro come sempre abbiamo fatto, perché noi siamo abituati a fare da soli, a difenderci, a lottare per la nostra Categoria e per il nostro lavoro.
La linea tra stagnazione e crescita è sottilissima, ma si intravedono i primi germogli di una ripresa dell’economia, del Paese e anche della nostra Usarci.
Ci sono segni incoraggianti che vedo e che mi confortano di aver speso bene questi anni con voi e che mi lasciano ben sperare per il nostro futuro, quello delle nostre famiglie e dei nostri figli.
L’Usarci è una realtà solida, stimata e conosciuta dalla Categoria che su di noi conta e noi ne siamo orgogliosi.
Siamo un’Organizzazione aperta alle sfide, fatta di persone per bene, fondata su principi solidi e così continueremo ad essere sempre.
Vi ringrazio con tutta la mia stima e sincerità.
Grazie a tutti e viva l’USARCI.
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